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I CRUDELI ESPERIMENTI SULLE SCIMMIE DI
FRIBURGO
Un contributo del Dott. Stefano Cagno (settembre 2009)
Vivisezione: la pseudoscienza del passato
L’impiego degli animali nella ricerca medico-scientifica ha sempre
provocato aspre polemiche tra quanti sono favorevoli e quanti sono
contrari. I primi ritengono che questo metodo di ricerca sia
indispensabile per il progresso scientifico e quindi per la salute
degli esseri umani; i secondi, al contrario, ritengono che le
differenze tra la nostra specie e tutte le altre rendano i risultati
ottenuti sugli animali inattendibili e inapplicabili agli esseri
umani ed, inoltre, che le stesse metodiche sperimentali siano
inaccettabili da un punto di vista etico perché provocano sofferenza
e morte ad esseri viventi e senzienti come sono gli animali.
Fino ad un recente passato quasi tutta la comunità scientifica era
concorde sulla utilità della vivisezione, anche se nessuna ricerca
ha mai dimostrato questa tesi. Recentemente, però, le riviste
scientifiche hanno pubblicato parecchie ricerche che, al contrario,
dimostrano la non scientificità dei test sugli animali.
Tali risultati sono ancora più stridenti se pensiamo all’enorme
sviluppo tecnologico che oggi permette ai ricercatori di utilizzare
strumenti altamente efficaci al fine di indagare anche gli aspetti
più microscopici e complessi del funzionamento degli esseri viventi.
Alla luce di queste premesse le ricerche del professor Rouiller
risultano particolarmente criticabili scientificamente, ma anche
eticamente.
Esporrò brevemente le riflessioni che mi hanno portato a tali
conclusioni.
La contraddizione di base
Quanti utilizzano gli animali nella ricerca lo fanno ritenendo che i
risultati che si ottengono su una specie possano essere estrapolati
ad un’altra. In altre parole ritengono che gli esseri umani e gli
animali siano simili e quindi biologicamente confrontabili. Al tempo
stesso, però,
ritengono anche che gli animali siano differenti dalla nostra specie
e quindi sia eticamente lecito compiere esperimenti dolorosi
fisicamente e psichicamente, nonché provocare la morte degli animali
stessi; comportamenti questi che non sarebbero accettabili negli
esseri umani.
Quindi per i vivisettori, in una visione schizofrenica, gli animali
sono simili a noi da un punto di vista scientifico, ma differenti da
un punto di vista etico.
In realtà da un punto di vista qualitativo esistono innegabilmente
delle analogie tra tutte le specie animali, esseri umani compresi.
Ad esempio la funzione del cuore è uguale nei topi, nei gatti, negli
esseri umani eccetera. Le differenze sono invece qualitative,
ossia questa stessa funzione viene espressa in maniera differente da
specie a specie, poiché ogni specie ha un proprio patrimonio
genetico responsabile del funzionamento dell’organismo nel suo
complesso e quindi i risultati ottenuti tra specie differenti non
sono
confrontabili. Ad esempio il cuore del coniglio svolge la stessa
funzione del cuore di un essere umano, tuttavia la frequenza
cardiaca del coniglio
è normalmente di 120-150 battiti al minuto, mentre nella nostra
specie deve essere inferiore a 100, altrimenti ci troviamo di fronte
ad una situazione patologica che si chiama tachicardia e che, se
protratta nel tempo, è in grado di provocare danni gravi alla
funzionalità cardiaca.
Alla luce di quanto ho affermato gli animali sono in grado di
soffrire come noi, anche se con modalità differenti. Pertanto gli
esperimenti condotti su di loro risultano inattendibili e, al tempo
stesso, eticamente inaccettabili.
Le specie
Aspetto particolarmente criticabile delle ricerche del professor
Rouiller è l’impiego, nell’ultimo quarto di secolo, di parecchie
specie differenti di animali: gatti, macachi, cavie, ratti, a
dimostrazione che il ricercatore non è in grado di sapere qual’ è la
specie più appropriata per i suoi studi. Alcune di queste specie,
come i macachi e i gatti, possiedono una vita emotiva
particolarmente complessa,
sviluppata e scientificamente dimostrata da tempo, pertanto le
ricerche a cui sono sottoposte non provocano solo intenso dolore
fisico, ma anche psichico. Anche accettando la tesi indimostrabile
che le ricerche sugli animali possiedano un valore scientifico, non
si capisce per quale motivo in alcuni casi siano impiegate specie a
basso sviluppo cognitivo, ed altre volte specie ad alto sviluppo
cognitivo e quindi capaci di provare dolore psicologico
particolarmente intenso.
I risultati
Il curriculum del professor Rouiller mostra un’estrema ripetizione
di ricerche che spesso differiscono le une dalle altre per aspetti
marginali. A fronte di ciò non si capisce quali scoperte
scientifiche il ricercatore sia stato in grado di ottenere in ben 25
anni di studi, costati la vita a molti animali di ogni specie e
sovvenzionati con soldi che meglio sarebbe stato indirizzare verso
metodologie sostitutive gli esprimenti con animali.
Dal continuo cambio della specie utilizzate, dall’esiguo numero di
animali impiegati in alcune ricerche, dalla quasi assoluta
sovrapposizione di alcune di essi, nasce il sospetto che il
professor Rouiller sia più interessato a moltiplicare le
pubblicazioni indispensabili per fare carriera, piuttosto che
condurre ricerche metologicamente inattaccabili, oppure poter
ottenere risultati realmente significativi.
Il cervello
Le differenze tra il funzionamento di un nostro organo e l’analogo
di un’altra specie, diventano ancora più macroscopiche quando si
tratta del cervello, poiché solo la nostra specie possiede una parte
chiamata lobi frontali, responsabile del nostro maggiore sviluppo
cognitivo.
Tutte le altre specie non possiedono i lobi frontali oppure li
possiedono, ma con uno sviluppo anatomico minore, ciò vale persino
per gli scimpanzé che da un punto di vista evolutivo sono i nostri
parenti più prossimi. Se quindi un ricercatore vuole compiere studi
che
riguardano la psiche o gli aspetti cognitivi particolarmente
sviluppati della nostra specie non può contare su alcun modello
animale sperimentale che possa nemmeno in maniera approssimativa e
inaffidabile fornire dati confrontabili.Se invece si vuole indagare
aspetti neurologici che non coinvolgano la parte cognitiva e
razionale, e quindi i lobi frontali, poiché in questo caso si indaga
su strutture del sistema nervoso centrale che possiedono tutte le
specie, non si capisce perché si debbano utilizzare quelle a maggior
sviluppo cognitivo, come sono i gatti e soprattutto le scimmie.
Coerentemente con le considerazioni sopra esposte, le ricerche che
attualmente poggiano su reali basi scientifiche utilizzano le
tecniche di brain imaging, come lo stesso Rouiller ha
paradossalmente affermato in una pubblicazione del 2003:
“Nei soggetti umani i sostanziali avanzamenti in questo campo sono
stati resi possibili dallo spettacolare sviluppo di tecniche non
invasive di visualizzazione e stimolazione del cervello” (1).
Le alternative
Il professor Pietro Croce, ex primario presso l’Ospedale Sacco di
Milano (Italia), considerato padre dell’antivivisezionismo
scientifico, nonché lui stesso vivisettore per 30 anni, giunse alla
fine della sua carriera alla conclusione che gli esprimenti sugli
animali non possedevano valore scientifico, poiché basati su un
“errore metodologico” che consiste, come detto prima,
nell’impossibilità di estrapolare i dati da una specie ad
un’altra.Nel migliore dei casi in un passato remoto gli esperimenti
sugli animali hanno contribuito a comprendere i meccanismi di base
dei vari organi o il funzionamento degli animali nei loro aspetti
generali. Attualmente continuare ad utilizzare animali
significa sprecare denaro in ricerche inutili, quando non dannose e
in grado di rallentare le scoperte scientifiche. Significa inoltre
dare all’opinione pubblica la falsa idea che si sta facendo tutto il
possibile per sconfiggere le malattie, mentre nella realtà si stanno
solo sprecando soldi. Se quindi gli esperimenti sugli animali non
possiedono valore scientifico, e ciò è ormai dimostrato da molte
ricerche, vanno aboliti anche in mancanza di alternative, tuttavia
ciò non è assolutamente il caso degli studi del professor Rouiller,
poiché in questo caso le alternative esistono. Attualmente possiamo
contare su strumenti in grado di fare sezioni virtuali del cervello
con una precisione di meno di un millimetro, questo settore della
ricerca si chiama brain imaging. Tali macchinari che sono evoluzioni
della TAC, della RMN e della PET, possono
essere utilizzati sia per studiare il funzionamento normale, ossia
fisiologico, del cervello, sia per studiare quello alterato, ossia
patologico. Esistono inoltre colture cellulari umane depositate in
alcune banche dati la cui validità nella ricerca scientifica è
riconosciuta dagli organismi internazionali di controllo. Tali
colture risultano utili per studiare gli aspetti microscopici del
funzionamento del cervello.
Conclusione
Ritengo che i modelli animali siano assolutamente da evitare nella
ricerca medico-scientifica, poiché non sono al passo con i tempi e
quindi non utili a fornire risposte alle complesse domande alle
quali l’attuale ricerca dovrebbe trovare risposte.
Anche ammettendo, però, che in qualche modo i modelli animali
possano essere utili, ritengo che le ricerche del professor Rouiller
siano particolarmente criticabili per le ragioni sopra esposte.
Evitare di finanziare tali ricerche non risponde solo a necessità
scientifiche ed etiche, ma anche economiche. Sovvenzionare ricerche
inutili che non porteranno a nessun risultato, che sono doppioni di
altre già effettuate, che sono tecnicamente impostate male, comporta
uno spreco di denaro che meglio sarebbe investito nel finanziare
altri studi che rispondono a criteri scientifici più robusti e
quindi che hanno la speranza di contribuire realmente al
miglioramento della salute umana.
Infine sono particolarmente sconcertato nel constatare che da anni
gli organismi competenti svizzeri continuino a finanziare le
ricerche del professor Rouiller. La Svizzera è nota nel mondo per la
sua capacità di ottima gestione delle risorse economiche e per la
sua capacità di evitare sprechi, anche nel settore pubblico. In
questo caso non solo sono state finanziate per decenni le
criticabili ricerche del professor Rouiller, ma lui stesso è membro
degli organi di controllo degli esperimenti sugli animali e di
quelli
che li finanziano, per cui il controllato è il controllore e il
finanziato è il finanziatore. Ritengo quindi che, in questo caso
purtroppo, la Svizzera non fa la sua proverbiale buona figura nel
mondo.
Dr. Stefano Cagno
Psichiatra
Dirigente Medico Ospedaliero
Responsabile Centro Diurno “La Casa” di Bernareggio (MI) – Italia
Riferimenti bibliografici
1) Rev. Neurol 159(3), pp. 259-275, 2003
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